Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2067/885
Campo DCValoreLingua
dc.contributor.authorFilippone, Ela-
dc.date.accessioned2009-12-01T21:28:48Z-
dc.date.available2009-12-01T21:28:48Z-
dc.date.issued2007-
dc.identifier.citationFilippone,Ela: “ Is the Judge a Questioning Man? Notes in the Margin of Khotanese pharṣavata-”, in M. Macuch, M. Maggi, W. Sundermann (eds.), Iranian Languages and Texts from Iran and Turan. Ronald E. Emmerick Memorial Volume, Iranica, Bd. 13, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2007, pp. 75-86en
dc.identifier.isbn978344705670-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2067/885-
dc.description.abstractPrendendo spunto dalla etimologia proposta da Ronald E. Emmerick per Khotanese pharṣavata- “giudice” (< *phara-paršta-pati- “il signore che chiede molto”), viene presentata una panoramica delle forme lessicali iraniche risalenti alla radice Ir. *fras- “chiedere” (IE *perk-/prek-) che hanno sviluppato un senso tecnico speciale, entrando a far parte del lessico giuridico / giudiziario. L’analisi parte dalla documentazione epigrafica achemenide antico-persiana (APrs. prs- “chiedere conto, punire”), con inclusione della documentazione indiretta (tavolette elamiche e babilonesi, papiro aramaico di Elefantina ecc.), estendendosi poi all’epoca medioiranica (vedi MPrs. pādifrāh, Sgd. pātfrās, ecc. “punizione”; possibili interpretazioni di Phl. pursišnīg in Dk VII 6.6, ecc.) e neoiranica. A differenza di MPrs. purs-, Sgd. pərs- e Khot. puls-, Prs. porsidan è stato documentato anche nel senso di “chiedere conto”, come già APrs. prs-. Ne è prova un passo del Diatessaron persiano (episodio dell’adultera), la cui interpretazione aveva lasciato perplesso l’editore Messina (1951). In considerazione delle nozioni associate agli elementi lessicali raccolti, e tenendo conto della frequente confusione in molte lingue tra le nozioni di ‘chiedere (per avere)’ e ‘chiedere (per sapere)’, si suggerisce la possibilità di individuare per gli esiti di Ir. *fras- esaminati due diversi percorsi semantici, che partendo da ‘chiedere’ hanno portato a sviluppare da una parte il senso di ‘interrogare’ e dall’altra quello di ‘chiedere conto’, con eventuali sovrapposizione tra i due percorsi. Raccogliendo un suggerimento di Benveniste a proposito dell’interpretazione del Lat. quaestor, l’autrice giunge alla conclusione che il giudice menzionato nel titolo (Khotanese pharṣavata-) è sicuramente uno “che fa domande”, ma che la sua funzione primaria rimane quella di richiedere un risarcimento.en
dc.language.isoenen
dc.publisherHarrassowitz Verlagen
dc.rightsIf not otherwise stated, this document is distributed by the Tuscia University Open Archive under a Creative Commons 2.0 Attribution - Noncommercial - Noderivs License (http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/)en
dc.subjectLingua Iraniana, lessicoen
dc.subjectIranian Languageen
dc.subjectEtnolinguistica, area iranianaen
dc.subjectEthnolinguistics, Iranian areaen
dc.subjectPersiano, lessicoen
dc.subjectPersian Language, lexiconen
dc.titleIs the Judge a Questioning Man? Notes in the Margin of Khotanese pharṣavataen
dc.typeBook chapteren
item.fulltextWith Fulltext-
item.openairetypeBook chapter-
item.cerifentitytypePublications-
item.grantfulltextopen-
item.languageiso639-1en-
item.openairecristypehttp://purl.org/coar/resource_type/c_18cf-
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