Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: http://hdl.handle.net/2067/43670
Titolo: La via italiana alla trasparenza: dal "need to know" al "right to know"
Altri titoli: From “the need to know” to “the right to know” The Italian Administrative Transparency Reform
Autori: Vacirca, Marco
Parole chiave: Trasparenza;Diritto d'accesso;Libertà d'espressione;Transparency;Right of access;Freedom of information;IUS/10
Data pubblicazione: 4-giu-2019
Editore: Università degli studi della Tuscia - Viterbo
Serie/Fascicolo n.: Tesi di dottorato di ricerca;31. ciclo
Abstract: 
Il presente lavoro è volto ad analizzare il riconoscimento del c.d. “right to know” negli ordinamenti
sovranazionali e le sue implicazioni sulla riforma della trasparenza amministrativa in Italia. La tesi si struttura
in cinque capitoli e tenta di armonizzare l’esame della giurisprudenza e della dottrina straniere con l’analisi
delle problematiche di diritto sostanziale e processuale emerse nel nostro ordinamento a seguito
dell’emanazione del Dec. Lgs. n. 97/2016. In tale ambito, si è evidenziata la rilevanza delle fonti sovranazionali
nel definire e nel conformare il nucleo essenziale del diritto a conoscere e nel promuoverne il ruolo di diritto
fondamentale nell’ambito dell’ordinamento italiano. A tal fine, si è svolto un approfondimento sulla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia di libertà d’espressione, nonché sul peculiare ruolo assunto
dalla trasparenza nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione Europa. Il terzo capitolo analizza il fondamento
costituzionale dei principi di pubblicità e trasparenza e si focalizza sull’introduzione e sull’evoluzione
dell’accesso documentale come strumento di realizzazione del c.d. “need to know”, evidenziandone le
differenze con l’istituto dell’accesso civico “rimediale”, funzionale all’attuazione degli obblighi legali di
pubblicazione.
Viene poi esaminata approfonditamente la disciplina dell’accesso civico generalizzato e dei principali istituti
connessi alla realizzazione di un regime F.O.I.A. nell’ambito del nostro ordinamento. In particolare,
avvalendosi anche di sintetiche considerazioni di carattere comparatistico, si è esposto il concreto
funzionamento della nuova regolamentazione, esaminando le problematiche emerse in sede attuativa e le prime
reazioni ad essa manifestate dalla giurisprudenza e dai pubblici uffici. In tale sede, si sono altresì analizzate le
critiche rivolte da parte della dottrina alle modalità di attuazione della riforma (specialmente in punto di
governance) e alla gestione del delicato rapporto tra promozione della trasparenza e tutela della riservatezza.
Il capitolo finale della tesi di dottorato mira a individuare i risultati ottenuti con gli interventi legislativi e
amministrativi connessi alla realizzazione del F.O.I.A. italiano, evidenziandone contestualmente gli eventuali
malfunzionamenti manifestatesi a distanza di due anni dalla sua attuazione. Nella prospettiva di dare piena e
corretta attuazione al right to know, assumono particolare rilevanza le considerazioni che si possono svolgere
paragonando il nostro attuale sistema al F.O.I.A. britannico o scozzese, per quanto riguarda, in particolare, la
concreta operatività del regime delle eccezioni relative e il ruolo ivi attribuito all’Information Commissioner’s
Office. L’analisi svolta parte dall’assunto che lo sviluppo del right to know non ha una dimensione meramente
individualistica, giacché la promozione della trasparenza diffusa reca preziosi benefici per l’intera collettività,
incidendo direttamente sull’attuazione del principio di democraticità e su quei generali principi di imparzialità
e di buon andamento cui deve risultare sempre improntata l’attività amministrativa.

The purpose of this paper is to analyse the Italian Administrative Transparency Reform and the
acknowledgement of the so called “right to know” in international and national laws.
Administrative transparency improves legitimacy in the decision-making process and, consequently, promotes
public trust and public support in modern democracies. Furthermore, it prevents the waste of public sources
by allowing everyone to control the administrative activities.
Unfortunately, the model of open administration has been unknown in Italy for a long time.
In 1990, the Italian legislator introduced a particular form of access, aimed at fulfilling “the need to know” of
the citizens involved in public administrative procedures. However, applicants had to demonstrate to have a
direct, actual and concrete interest in obtaining the information requested, while the public offices, on the other
hand, were not obliged to motivate their objections to the applications. Consequently, this kind of access to
public documents did not allow a “quisque de populo” to ask public authorities relevant information just in
order to check how they managed their performance. On the contrary, the new “civic universal access”,
introduced in the Transparency Consolidated Law in 2016, can be used by everyone in order to obtain any data
from the public administrations. Public offices can deny access only through a motivated administrative act,
which indicates how the data release could harm specific public or private interests. If this “substantial
prejudice test” fails, the access to the requested data is to be allowed.
Alas, some jurisdictional decisions and administrative practices tend to deny the access even in further cases
not provided for by the law. Even though the legal regulation has deeply changed, the Italian administrative
culture seems to be still very far from the Freedom of Information model existing in the U.S.A. and U.K.. One
of the main causes of this trend may be rely in the current connection between this innovative form of access
and the anti-corruption legislation: pursuant to art. 5 of the Italian Transparency Consolidated Law, this kind
of access should be used to guarantee a widespread control over public administration activities. Nevertheless,
this does not mean that the applications must be rejected if the applicants pursue different scopes. International
conventions and national constitutions tend to qualify the so called “right to know” as a fundamental right
whose limitation should consequently be interpreted restrictively. Any information contact with public bodies
should in fact be considered as a chance to strengthen the fiduciary relationship between citizens and
government. Moreover, the proportionality principle may be invoked to introduce the so called “public interest
test”: this means that, whenever an access application may cause a substantial prejudice to one or more of the
interests protected by the law, the access could still be allowed if the public interest to disclosure seems to be
prevailing. In other words, the demonstration of the substantial prejudice may not be considered sufficient to
deny the disclosure.
The paper analyses the relationship between “the right to know” and personal privacy throughout the abovementioned
transparency reform legislation, underlining the importance of a cultural as well as legislative
innovation. In the Conclusions, some general considerations are made regarding the role and the perspectives
of the so called “civic universal access” in the Italian legal system.
Acknowledgments: 
Dottorato di ricerca in Diritto dei mercati europei e globali, crisi, diritti , regolazione
URI: http://hdl.handle.net/2067/43670
È visualizzato nelle collezioni:Archivio delle tesi di dottorato di ricerca

File in questo documento:
File Descrizione DimensioniFormato
mvacirca_tesid.pdf2.23 MBAdobe PDFVisualizza/apri
Visualizza tutti i metadati del documento

Page view(s)

158
Last Week
2
Last month
9
controllato il 27-mar-2024

Download(s)

407
controllato il 27-mar-2024

Google ScholarTM

Check


Tutti i documenti nella community "Unitus Open Access" sono pubblicati ad accesso aperto.
Tutti i documenti nella community Prodotti della Ricerca" sono ad accesso riservato salvo diversa indicazione per alcuni documenti specifici