Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2067/2913
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dc.contributor.advisorZapparoli, Marzio-
dc.contributor.advisorScalisi, Marco-
dc.contributor.authorBonavigo, Gianluca-
dc.date.accessioned2016-08-31T08:19:27Z-
dc.date.available2016-08-31T08:19:27Z-
dc.date.issued2015-07-13-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2067/2913-
dc.descriptionDottorato di ricerca in Ecologia forestaleit
dc.description.abstractFin dagli anni ’70 del 900, la letteratura scientifica ha messo in evidenza come i frammenti di ambienti naturali, isolati e di ridotte dimensioni, collocati in paesaggi trasformati dall’uomo, non consentissero il mantenimento della vitalità di popolazioni e la persistenza nel tempo di comunità, ecosistemi e processi ecologici. Al contrario, è stato evidenziato come tali frammenti dovessero essere relativamente ampi e connessi tra di loro, in modo da permettere le funzioni essenziali al mantenimento della diversità biologica in un determinato paesaggio di riferimento. Secondo queste basi conoscitive, la conservazione di popolazioni, comunità ed ecosistemi non può limitarsi all’istituzione di aree protette, specialmente se isolate o di piccole dimensioni, ma dovrebbe tener conto dei processi ecologici (es., dispersione individuale) che interessano scale spaziali più ampie di quelle relative alle singole aree protette. Il mantenimento di una continuità fisico-territoriale ed ecologico-funzionale fra gli ambienti naturali è, pertanto, uno degli approcci prevalenti in quelle strategie di conservazione che pongono come obbiettivo la mitigazione degli effetti della frammentazione su popolazioni e comunità. Un effetto della frammentazione è la diminuzione della connettività del paesaggio. Per connettività si intende il grado di permeabilità (facilitazione o impedimento) del paesaggio ai movimenti degli individui tra i diversi frammenti di habitat. Il presente studio, partendo da una base conoscitiva come La Rete Ecologica Regionale del Lazio (REcoRd_Lazio), si è prefissato l’obiettivo di portare un contributo alla validazione o, comunque, alla valutazione dell'accuratezza delle conoscenze sulla reale distribuzione delle specie di meso- e macromammiferi della fauna locale, con particolare attenzione agli ambiti di connessione (corridoi ecologici) tra aree di particolare rilievo conservazionistico (aree centrali). Il monitoraggio dei mesoe macromammiferi delle aree centrali e degli ambiti di connessione dell’area di studio è stato effettuato mediante la tecnica del fototrappolaggio. Le analisi sono state condotte su dati di presenza/assenza attraverso i modelli occupancy di MacKenzie et al. (2002, 2003), basati su rilevamenti sequenziali che permettono di incorporare la probabilità di cattura di una specie e quindi di tener conto del problema delle false assenze (quando la specie è presente ma non avvistata, dipende dalla sua detectability). I modelli sono stati selezionati seguendo l’information-theoretic approach, basato sul calcolo degli AIC (Akaike Information Criteria). L’intensità di utilizzo da parte della fauna delle strutture del paesaggio monitorate è stato valutato in funzione del numero di catture fotografiche sullo sforzo di campionamento (Indice d’Uso). In questo lavoro si è cercato di concentrare l’attenzione sulla funzionalità degli ambiti di connessione e di valutare la funzione source delle aree centrali, cercando di estrapolare un modello utile per il monitoraggio nel tempo delle popolazioni che utilizzano queste strutture del paesaggio. Si è trattato di uno studio mai condotto in Italia, per certi versi pionieristico nel particolare contesto di questo settore dell’Appennino centrale, caratterizzato dalla secolare presenza dell’uomo, i cui risultati - seppur preliminari - sono utilizzabili come base per future più approfondite e dettagliate indagini. I dati raccolti sembrano nel complesso dimostrare che, nell’area oggetto di studio, per quanto riguarda le specie di meso- e macromammiferi, la differenza tra le due strutture di paesaggio (aree centrali e corridoi) è scarsa. Infatti, in base ai valori dell’Indice d’Uso (aree centrali IU = 0,61; corridoi ecologici IU = 0,48), si nota una discrepanza leggermente sbilanciata verso le aree centrali rispetto agli ambiti di connessione. Questo risultato potrebbe indicare che i corridoi presi in esame sono percepiti come veri e propri habitat (habitat corridor) che permettono comunque una continuità fra due patch di grandi dimensioni , ma che vengono avvertiti da alcune delle specie studiate come un prolungamento dell’habitat-area centrale. Viceversa, altre specie utilizzano questa struttura per risiedere e riprodursi.it
dc.description.abstractSince the 70s of the 20th century, the scientific literature has highlighted how scattered, small fragments of natural environments included in landscapes impacted by human activity, did not permit to maintain the vitality of populations and ensure the persistence over time of communities, ecosystems and ecological processes. On the contrary, it has been shown that these fragments should be relatively large and connected between each other to allow the essential functions for the maintenance of biological diversity in a given landscape. According to this basic knowledge, the conservation of populations, communities and ecosystems cannot be limited to the establishment of isolated, small-sized protected areas but should account for those ecological processes (eg., individual dispersion) acting over larger spatial scales. Maintaining ecological and physical continuity between natural environments is therefore crucial in those conservation strategies aiming at mitigating the effects of fragmentation on populations and communities. One effect of fragmentation is the decreased level of connectivity within the landscape, where the term connectivity refers to the degree of permeability (facilitation or impediment) of the landscape to the movement of individuals between the various fragments of habitats. This study, by taking advantage of the Regional Ecological Network of Lazio (REcoRd_Lazio), aimed at evaluate and validate the accuracy of state-of-the-art knowledge about the actual distribution of medium- and large-mammals species pertaining to the local fauna, with special attention to the connections (ecological corridors) between areas of remarkable importance for conservation (core areas). Monitoring of medium- and large-mammals in the core areas and the ecological corridors has been performed using the technique of camera trapping. The analyses were conducted on presence/absence observations, by means of occupancy models based on sequential observations that allow to incorporate the probability of capturing a species, and so to better account for the problem of false absences (e.g. detectability). The models were selected following the information theoretic approach, based on the calculation of the AIC (Akaike Information Criteria). The frequency of usage of monitored landscape structures by the local fauna was evaluated as a function of the number of cameras on the sampling effort (relative abundance index = IU). In this work special attention was focused on the functionality of the ecological corridors to evaluate the source function of the core areas, in order to extract a useful model for monitoring over time the populations using such landscape structures. This study can be considered a pioneer research in Italy, and in particular in the geographical region of the central Apennines, characterized by a centennial presence of man, whose results – although preliminary - can be used as a basis for further investigations. The data collected in the study area show low differences between the two structures of landscape (core areas and ecological corridors) for medium- and large-mammals species. Based on the values of the relative abundance index (core areas IU = 0.61; ecological corridors IU = 0.48), there is a slightly biased discrepancy towards the core areas rather than the ecological corridors. This result may indicate that the ecological corridors surveyed are perceived as real habitat (habitat corridor) that allow continuity between two large patches, but that are perceived by some of the studied species as an extension of the habitat (core area). At the same time, other species use these structures to live and for reproduction.it
dc.language.isoitit
dc.publisherUniversità degli studi della Tuscia - Viterboit
dc.relation.ispartofseriesTesi di dottorato di ricerca. 26. ciclo-
dc.subjectRete Ecologicait
dc.subjectFrammentazioneit
dc.subjectCorridoi ecologiciit
dc.subjectFototrappoleit
dc.subjectFauna Tusciait
dc.subjectEcological Networkit
dc.subjectFragmentationit
dc.subjectEcological corridorsit
dc.subjectCamera trapsit
dc.subjectBIO/05it
dc.titleValidazione della Rete Ecologica Regionale del Lazio (REcoRd_Lazio ) attraverso il rilevamento di specie animali d’interesse europeo e conservazionisticoit
dc.title.alternativeValidation of the Regional Ecological Network of Lazio (REcoRD_Lazio) through the detection of species of European interest and conservationit
dc.typeDoctoral Thesisit
item.fulltextWith Fulltext-
item.openairetypeDoctoral Thesis-
item.cerifentitytypePublications-
item.grantfulltextopen-
item.languageiso639-1it-
item.openairecristypehttp://purl.org/coar/resource_type/c_18cf-
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