Matteo Sanfilippo, Profughi a Genova nel 1948

© 2003, The Vatican Files. net. Una versione corta di questo articolo è apparsa sotto il titolo di German Connection, su "Il Secolo XIX", venerdì 1 agosto 2003, pp. 1 e 8.

Nel maggio 1948 il profugo tedesco Hans Mahler scrive al vescovo Aloys Hudal di essersi recato a Genova per trovare un passaggio verso l'America latina. Nella lettera racconta di aver contattato i sacerdoti che si occupano dei rifugiati dell'Europa centro-orientale nel capoluogo ligure. Mahler dipinge un quadro abbastanza nero: le pratiche burocratiche per imbarcarsi sono complicate e i preti che sanno come snellirle, per esempio il croato Carlo Petranovic e l'ungherese Edoardo Dömöter, si preoccupano soltanto dei i propri connazionali. Secondo Mahler, ci sarebbe bisogno di un maggior coordinamento e soprattutto di aiutare le persone di lingua tedesca.

La lettera è anodina, ma i due corrispondenti sono personaggi d'eccezione. Hudal è il rettore del collegio tedesco di S. Maria dell'Anima a Roma ed è il responsabile per gli austriaci della Pontificia Commissione di Assistenza ai profughi. Mahler si dichiara un medico, già nell'esercito nazista, ora trasferitosi in Alto Adige perché teme l'evolversi della situazione tedesca. Alla fine riesce a varcare l'oceano e a stabilirsi a Buenos Aires grazie ai contatti di Hudal. Nella capitale argentina fonda una rivista neo-nazista, Der Weg, cui il prelato collabora, e mette in guardia i cattolici di estrema destra contro un mondo dominato dall'America massone e protestante.

Mahler negli anni 50 continua la sua missione anti-americana vagheggiando persino l'alleanza tra ex-nazisti e comunisti. Inoltre viaggia in America latina, Medio Oriente e Sud Africa alla ricerca di vecchi camerati e di nuovi alleati. Hudal entra egualmente in rotta di collisione con la potenza americana: condannando pubblicamente l'acquiescenza vaticana verso gli Stati Uniti e chiedendo amnistie per i prigionieri nazisti in Italia e in Germania. I suoi superiori, a Roma e in Germania, lo forzano infine a dimettersi e a ritirarsi in pensione.

Quando scoppia il caso Eichmann, Simon Wiesenthal accenna al ruolo dell'ex-vescovo nella partenza da Genova di ex-funzionari nazisti, un'accusa già rivoltagli dalla stampa di sinistra e in seguito confermata dalle interviste ad esponenti nazisti rintracciati negli anni 60. Di Mahler non si sa più niente, se non che continua a pubblicare riviste e libri di estrema destra, fino a quando non è rintracciato a Bariloche e indica alla televisione americana dove intervistare Erich Priebke. Nel corso dei successivi processi a quest'ultimo e soprattutto delle numerose interviste e ricostruzioni giornalistiche esce fuori che l'ufficiale tedesco non soltanto è partito da Genova, ma, a suo dire, ha ricevuto nuovi documenti da Hudal. Sembra dunque che il rettore del collegio tedesco abbia trovato nel 1948 il modo di aiutare i profughi di lingua tedesca a imbarcarsi scavalcando ogni controllo italiano.

Come si vede il 1948 è un anno cruciale per la costituzione di una German connection che lega ambienti vaticani, nazisti in fuga e porto di Genova, ma da quanto sopra riassunto possiamo soltanto trarre un racconto stile Dossier Odessa, il celebre thriller di Frederick Forsyth non a caso pubblicato nel 1972 al culmine dei primi scandali sui criminali di guerra rifugiatisi in Brasile e in Argentina? Tradizionalmente è proprio quello che hanno sempre fatto i romanzieri e i saggisti, insistendo sulla formazione di società segrete neo-naziste, sulle connivenze vaticane e genovesi (dal cardinale Siri ai principali armatori), sullo spionaggio statunitense e sulle aspirazioni argentine ad avere una quota di tecnici e spie naziste. Sennonché l'elaborazione di tali racconti ha portato ad accettare fole di ogni tipo (si pensi ai "ritrovamenti" di Hitler e Bormann, trasferitisi nelle Americhe dopo aver simulato il proprio decesso) e ha spinto quasi ogni estate a rinvenire "nuovi" documenti sulla fuga di alti ufficiali nazisti e la connivenza di vari governi.

È proprio quanto accade in questi giorni grazie anche alla poderosa campagna promozionale dell'ultimo volume di Uki Goñi, noto reporter argentino, e grazie allo scontro politico che divide i peronisti. Alcuni esponenti dell'ala attorno presidente Kirchner hanno infatti utilizzato anche l'appoggio di Juan Perón all'immigrazione nazista, fascista e vichysta per colpire i colleghi ancora legati al gruppo menemista. Questi ultimi infatti avevano promosso una commissione d'inchiesta (la CEANA) adesso accusata di non aver svolto il proprio compito e di aver occultato la documentazione. Ora la CEANA, pungolata dalla diplomazia clintoniana che di fatto ha sovrinteso alla gran parte dei lavori, ha invece messo a disposizione (se ne veda il sito internet) una enorme quantità di analisi e documenti, che rivelano quanto il quadro delle fughe via Genova debba essere sfumato.

Il passaggio di personaggi legati ai regimi nazi-fascisti, nonché ai governi collaborazionisti, primo fra tutti quello croato, comincia infatti a guerra appena finita e continua sino alla metà degli anni 50. In tale fenomeno interagiscono vari elementi: il disordine amministrativo del post-conflitto (pochissimi hanno documenti in regola), la nuova situazione politica (i prodromi e poi l'esplodere della guerra fredda), il fatto infine che molte persone sono identificate come criminali di guerra assai più tardi e per il momento possono dichiararsi semplici soldati o addirittura vittime dei nuovi regimi comunisti. Questi tre elementi condizionano l'attività non soltanto delle forze alleate, in primo luogo degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, ma anche della Chiesa cattolica, che vuole assistere gli emigranti di passaggio e al contempo formare una rete anticomunista.

Inoltre bisogna considerare quanti siano quei profughi e questo è il problema che persino la CEANA non ha veramente affrontato. Limitandosi ai criminali di guerra, conteggiabili in decine o forse qualche centinaio di persone, non si è capito come la penisola italiana sia allora investita da centinaia di migliaia di rifugiati dell'Europa centro-orientale. È questa la cifra, sia pure vaga, che nel 1948 dichiara l'appena fondata Association of Foreign Refugees in Italy. Alcuni quotidiani del tempo vanno oltre e asseriscono che i profughi sono almeno un milione. Una massa impressionante per l'Italia impoverita di quegli anni.

In effetti i carteggi tra i funzionari del Ministero degli Esteri e di quello degli Interni mostrano come i secondi chiedano che i rifugiati non siano accettati, o, se fatti entrare, siano mandati subito via, cioè imbarcati verso le destinazioni richieste. I nuovi arrivati sono infatti alloggiati nei campi di accoglienza (per i profughi "normali") e di prigionia (per coloro che sono di un qualche crimine) allestiti nella penisola riattando i vecchi luoghi di confino fascista. Ora gli ospiti di questi campi devono essere assistiti e il Ministero non ritiene di poterlo fare a lungo: il costo è troppo alto e troppi sono i pericoli politici (azione di spie comuniste, oppure reazione della popolazione contro internati tedeschi e croati). Così funzionari e forze di polizia sperano nello smaltimento dei rifugiati, magari nell'ambito di programmi di riallocazione sostenuti dalle Nazioni Unite.

In realtà la faccenda va per le lunghe e vi sono ancora rifugiati dell'immediato dopoguerra, quando nel 1956 i campi sono riutilizzati per i profughi ungheresi. Per oltre dieci anni quindi, nonostante i voti del Ministero degli Interni, migliaia di internati non sono riusciti ad andare via. È tra questa massa di disperati, partiti dalle loro case per ragioni politiche, ma anche economiche dato che la guerra ha distrutto l'Europa centro-occidentale, che i criminali di guerra si nascondono, a volte approfittando di vere e proprie connivenze, a volte sfruttando le possibilità ingenerate dalla confusione. Molti dei fuggitivi si mischiano quindi ai profughi ed elemosinano documenti e biglietti di viaggio dall'assistenza pontificia e dalla Croce Rossa.

Questa storia è ben documentata (molti archivi sono aperti al pubblico in Italia, come in altri paesi; altri sono addirittura consultabili on-line), ma che l'interesse per lo scoop sensazionale ha spinto studiosi e giornalisti a trascurarla. Cosa sono infatti centinaia di migliaia di profughi di fronte a un Eichmann? Il problema è che per ignorare le vicende dei primi si è finito per non capire come il secondo abbia potuto passare ogni controllo.