Matteo Sanfilippo, Il vescovo nero

© 2003, The Vatican Files.net. Una versione più breve di questo articolo è apparsa sotto il titolo A Trieste il vescovo amico dei nazisti, su "Il Secolo XIX", 14 settembre 2003, p. 9.

Il 9 novembre 1948 Il Paese riportava in quarta pagina come l'Unione Cattolica Austriaca sperasse nel ritorno di Trieste all'Austria. L'articolo rifletteva l'incertezza sul destino della città e rivelava come i piani austriaci fossero sostenuti dal vescovo Alois Hudal e godessero dell'appoggio di ex-nazisti ora al servizio degli Stati Uniti. Questa è la prima citazione che accosti l'ecclesiastico austriaco ai sopravvissuti del Terzo Reich, ma già il 6 dicembre dell'anno successivo l'agenzia tedesca della Nord Press dichiarava che nei circoli cattolici Hudal era chiamato "il vescovo nero", perché ogni giorno dava udienza a decine e decine di tedeschi che volevano fuggire in Sud America. Pochi giorni dopo l'edizione domenicale del Passauer Neue Press, una pubblicazione cattolica, spiegava che due gruppi di spie portavano i nazisti in Argentina e nel Medio Oriente. A capo del primo gruppo era stato Hudal finché il Vaticano non lo aveva obbligato a smettere.

Era l'inizio di una pluridecennale polemica, in seguito ravvivata da Simon Wiesenthal e dagli studiosi della cosiddetta "via dei topi". Un rapporto di Vincent La Vista per il Dipartimento di Stato americano aveva adombrato già nel 1947 il coinvolgimento del vescovo, ma gli americani avevano preferito mettere a tacere la faccenda, finché tra il 1948 e il 1949 si erano resi conto che anche l'Unione Sovietica, nonché potenze minori e di scarsa affidabilità, come l'Argentina e la Siria, beneficiavano di tali movimenti. I servizi statunitensi informarono allora la stampa e contemporaneamente si adoperarono per controllare le vie di fuga, delle quali in seguito si sarebbero serviti come nel caso Barbie.

Le indicazioni dei servizi americani giunsero al grande pubblico quando il New York Herald Tribune, subito ripreso dai giornali della Germania occidentale, alluse nel dicembre 1949 alla nuova alleanza nazi-sovietica e ricordò gli articoli in tal senso del periodico argentino in lingua tedesca Der Weg, cui proprio Hudal era legato. La stampa tedesca commentò la notizia ricordando come il vescovo avesse ospitato in Roma Otto Skorzeny e Otto Wächter, l'assassino di Dolfuss.

Hudal contestò le accuse e godette dell'appoggio dei suoi superiori, ma nel 1952 fu rimosso dall'incarico di rettore del Collegio Germanico di via S. Maria dell'Anima a Roma e si dovette ritirare a Grottaferrata. Nella sua autobiografia (Römische Tagebücher, pubblicata postuma nel 1976) il vescovo si dichiarò vittima di una sorprendente alleanza tra stampa di sinistra e americani. Inoltre dichiarò di aver apertamente assistito i tedeschi rifugiatisi in Italia, così come aveva prima aiutato i perseguitati ebrei, alcuni partigiani e qualche aviatore inglese.

L'archivio personale di Hudal presso il già citato Collegio Germanico permette di verificare la difesa del vescovo, nonché lo spessore del personaggio. La maggior parte della documentazione concerne l'attività romana del vescovo durante il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale, ma non mancano dati su quanto accadde dal 1945 alla sua morte nel 1963.

Hudal, nato a Graz nel 1885, aveva studiato a Roma presso il Pontificio Istituto Biblico e dopo una carriera quale docente era divenuto consultore del S. Uffizio e rettore del collegio di S. Maria dell'Anima, dove risiedevano i sacerdoti di lingua tedesca che si specializzavano nelle università pontificie. In tale veste si era occupato dei rapporti vaticani con le autorità tedesche e austriache e aveva persino proposto alcune riflessioni sulla possibilità di recuperare il nazismo. Ma le sue idee incontrarono lo scetticismo vaticano e l'opposizione nazista. Comunque durante l'occupazione tedesca di Roma il vescovo si era proposto come mediatore tra le autorità militari e il Vaticano, sia pure con risultati controversi: il gesuita americano Robert A. Graham lo ha accusato di protagonismo non suffragato dalla fiducia della Curia.

Nel 1944 Hudal fondò l'Österreich Komitee per occuparsi degli austriaci allora nella città eterna. Nei mesi successivi si mise in contatto con le autorità alleate e poi con quelle italiane, nonché con i vescovi degli Stati Uniti e del Canada, cui raccomandò la sorte dei connazionali desiderosi di emigrare. Nel frattempo si occupò anche dei cattolici tedeschi in Italia, in particolare di quelli nei campi di concentramento alleati. Successivamente estese la sua protezione ai prigionieri tedeschi nelle carceri italiane, francesi, olandesi e britanniche. Nel corso del 1945 si rese conto che la maggior parte degli ex-militari tedeschi non voleva e non poteva rientrare nella patria ormai sotto il controllo delle potenze vittoriose. Suggerì quindi a Pio XII di formare un clero missionario atto a seguire l'inevitabile migrazione tedesca, ma non ebbe risposta.

In compenso, quando il pontefice autorizzò la formazione della Pontificia Commissione Assistenza per i profughi, gli fu affidata la direzione del comitato per gli austriaci, attivo sino al 1950. Poiché questi ultimi erano poco numerosi, continuò a occuparsi anche dei tedeschi imprigionati nei campi di Fraschette d'Alatri e di Farfa nel Lazio. In proposito premette sull'American National Catholic Welfare Conference e sulla Segreteria di stato vaticana per ottenerne la liberazione. Nel 1949 Montini, il futuro Paolo VI, gli rispose che il papa era favorevole a un'ampia amnistia, ma i vescovi tedeschi insorsero contro il coinvolgimento della Chiesa in tale questione. Hudal fu invitato a non interessarsene più, ma nel 1951 si rivolse direttamente ad Harry Truman, il presidente americano, cui chiese un intervento in favore di von Neurath, ministro nazista degli Affari Esteri. L'episcopato tedesco non gradì tale iniziativa e inoltre la stampa italiana, anche moderata, lo accusò apertamente di adoperarsi per liberare criminali di guerra come Kappler e Reder, da lui ripetutamente visitati. Il 24 gennaio 1952 l'arcivesco di Salisburgo comunicò al rettore del Collegio Germanico che il Vaticano lo riteneva troppo compromesso e aveva deciso di rimuoverlo.

Tra il 1947 e il 1952 Hudal non si batté soltanto per la liberazione e l'assistenza dei prigionieri, ma mise in piedi una vastissima rete per l'emigrazione nelle due Americhe e in Oceania di profughi di lingua tedesca. Tale attività era in gran parte alla luce del sole: contatti con il governo italiano per favorire l'imbarco e con i governi stranieri disposti ad accettare nuovi immigrati, con enti e associazioni internazionali, con diocesi e strutture caritative d'oltre oceano. Tuttavia alcune lettere di privati lasciano intuire sorprendenti coni d'ombra.

I carteggi con austriaci, tedeschi e altoatesini che nel 1947-1948 volevano emigrare in Argentina salpando da Genova sono numerosissime. Hudal promosse personalmente gli interessi di questi disperati e alla fine di agosto 1948 scrisse a Perón chiedendo visti per 3.000 tedeschi e 2.000 austriaci: specificò che non si trattava di profughi, ma di soldati che si erano battuti contro il "bolscevismo" e aggiunse che l'Europa era libera grazie al loro "sacrificio".

Non pare che questa richiesta abbia avuto seguito e quindi il vescovo dovette agire per altre vie. Grazie al proprio ruolo nella Pontificia Commissione Assistenza, che aveva un ufficio genovese alla stazione di Principe, entrò in contatto con l'Auxilium di Genova e con alcuni sacerdoti locali. Cercò quindi di assicurare imbarchi e visti tramite questa via; inoltre mantenne stretti contatti con sacerdoti croati e ungheresi attivi a Genova: Draganovic, Petranovic e Dömöter. Gli scambi di lettere con e su questi ultimi menzionano attività, che non erano a conoscenza della diocesi genovese, né autorizzate dal Vaticano, e soprattutto l'abilità di Draganovic nel favorire i propri connazionali a discapito dei fuggiaschi di altri paesi. In ogni caso Hudal non interruppe mai i legami con il croato e ancora nei primi anni 50 gli raccomandò alcuni anticomunisti da far giungere in America Latina.

Complessivamente l'archivio di Hudal lascia capire che questi non rifuggì dal prendere scorciatoie per aiutare i suoi protetti. Inoltre le lettere dall'Argentina di un gruppo di tedeschi da lui aiutati ci mostra come egli accettasse di collaborare a pubblicazioni neo-naziste: alla vecchia paura del comunismo egli accomunava adesso il timore per l'egemonia statunitense. Ai suoi occhi, come a quelli di alcuni suoi connazionali in fuga, l'America era infatti il cuore della massoneria e del protestantesimo internazionali. Era quindi inevitabile che egli entrasse in conflitto con il paese, che in quel momento aiutava maggiormente, dal punto di vista finanziario e politico, il Vaticano e l'episcopato tedesco. Ed era altrettanto inevitabile che l'ultima crociata del vescovo nero portasse alla sua destituzione.