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EVELINA VA IN CITTÀ

Introduzione al lavoro

Nel corso del romanzo Evelina matura e in questo suo processo Londra ha un ruolo fondamentale. La stretta relazione che lega la città alla bildung della giovane è evidente quando si analizzano la precisione delle descrizioni dei luoghi visitati, lo spazio ad esse dedicato e le osservazioni riportate, che rispecchiano la sorpresa di una ragazza di campagna catapultata in una grande città, alla quale tutto sembra splendido e scintillante. Man mano però le critiche si fanno più pungenti ed attente, come a sottolineare la formazione interiore della protagonista la quale scopre, suo malgrado, che a volte la scintillante facciata, cela un mondo ben diverso da quello immaginato. Alla fine del suo "apprendistato" in città Evelina non impara solo a comportarsi seguendo le buone maniere, ma anche a discernere il bene dal male e a riconoscere l’uno e l’altro guardando oltre le apparenze.

Come afferma Peter Ackroyd, «[i]t would seem that everyone in London wore a costume»1 , tanto che nel 1778 il Critical Review descrive la Londra georgiana come «that great theatre of the world»2, un enorme palcoscenico sul quale ognuno ha una parte da recitare. Tutti sono molto attenti all’etichetta, ai vestiti, ai comportamenti in società (Mr Lovel rimprovera Evelina per le sue «ill manners»3 al suo primo ballo perché, dopo averlo rifiutato, accetta di danzare con Lord Orville). Londra e i suoi abitanti sembrano schiavi delle apparenze e di vuote convenzioni; è come se ci fosse un copione da rispettare, come se ognuno interpretasse un ruolo. L'analogia implicita tra teatro e contesto sociale è supportata dall'inserimento di numerosi episodi ambientati proprio negli auditoria della capitale. Evelina si reca molto spesso nei teatri di cui descrive la struttura, il pubblico, l’opera che viene messa in scena: le situazioni che vede sul palcoscenico sono rappresentazioni speculari della società in cui si muove. Finzione e realtà si fondono l’una nell’altra ed entrambe vanno a fare parte della sua educazione sociale, cosicché la  formazione di superficie delle manners va a coincidere a livello più profondo con quella morale. Oltre ad essere un ritrovo mondano, il teatro diventa dunque metafora della recita messa in atto ogni giorno dai cittadini e, quindi, della vita stessa. 

Frances Burney fa capire che il teatro è uno spazio importante della capitale, non solo sotto l’aspetto architettonico ed urbanistico, ma soprattutto sotto quello sociale. Sedere nei pits o nella gallery segnala la differenza tra un nobile e un semplice commerciante; anche l’abbigliamento è importante e deve essere adeguato non solo al luogo in cui si va, ma anche alle persone con cui si va (vedi volume I, lettera XXI). Inoltre a livello strutturale il romanzo stesso sembra essere diviso in atti (ambientati in città) e intermezzi (i ritorni alla campagna di Berry Hill ed Howard Grove), proprio come una pièce teatrale4.

Il passatempo preferito dai nobili londinesi dell’epoca è «see and been seen»5, tanto che, proprio per questo scopo, la topografia della città è caratterizzata da un susseguirsi di luoghi d’incontro: si va dai teatri (Drury Lane), all’opera (King’s Opera House nello Haymarket), ai parchi (Hyde Park, St James’s Park), ai pleasure gardens (Vauxhall Gardens e Ranelagh Gardens), solo per citarne alcuni. Naturalmente per una ragazza di campagna un contesto così variegato e frenetico è, da un lato, uno stimolo forte, dall’altro, una costrizione all’adattamento, tanto che Evelina, nella lettera X, volume I, dice «[to] have had no time to Londonize ourselves»;. Evelina sente quindi l’esigenza di imparare a fondersi con la società e con la città stessa, di diventarne parte integrante e, per far ciò, comprende che deve inevitabilmente cambiare. Questa trasformazione riguarda sia l’aspetto esteriore (vestiti, acconciature, ecc.), sia l’animo della ragazza, che in breve tempo sviluppa una forte capacità critica.

Evelina fa due viaggi a Londra, il primo in compagnia dei Mirvan ed il secondo in quella di Madame Duval e di conseguenza conosce due facce diverse della capitale. Durante il primo soggiorno risiede in Queen-Ann Street, va al Ridotto, all’opera e si trova in compagnia di nobili e personalità di spicco della società (Mr Lovel è un membro del Parlamento e Lord Orville è un pari del regno). Nel secondo soggiorno invece vive a Holbon (un quartiere commerciale di Londra) e frequenta la casa e il negozio dei Branghton, nella City. Anche in questa seconda occasione Evelina si reca nei pleasure gardens e a teatro, ma capisce che la compagnia non è all’altezza del mondo che aveva conosciuto con Mrs Mirvan. Inoltre Madame Duval e i parenti di città la coinvolgono continuamente in situazioni ambigue e imbarazzanti; nel corso di una serata ai Vauxhall Gardens viene addirittura scambiata per una prostituta6. Le descrizioni dei luoghi in cui va in entrambe le occasioni sono diverse, come se la città si trasformasse e si rivelasse in base alle compagnie della protagonista7. Ad esempio la King’s Opera House in cui Evelina si reca con i Mirvan non sembra lo stesso teatro in cui si recherà in compagnia della nonna e dei Branghton perché con i primi siede nei pits e con i secondi nella gallery. Anche l'abbigliamento e il comportamento mutano di volta in volta: impeccabile da un lato, inadeguato dall’altro.

Sembra che Londra, con le sue diversità e le sue contraddizioni, non solo faccia da sfondo ad una parte del romanzo, ma voglia personalizzarsi, diventando a tutti gli effetti la co-protagonista di Evelina.

Metodologia di ricerca

Lo scopo di questo lavoro è la ricostruzione della capitale inglese nel periodo georgiano attraverso uno studio dei luoghi e degli eventi mondani descritti da Frances Burney in Evelina. Conseguentemente l'oggetto vero e proprio della mia analisi non è Evelina quanto Londra. La capitale infatti non costituisce un semplice scenario agli avvenimenti personali della protagonista: non solo diventa parte integrante della sua crescita interiore,ma struttura il romanzo stesso. Londra non è più soltanto una città, ma un microcosmo, un “essere vivente” con una fisicità ben definita, con le sue sfaccettature e le sue regole.

Prendendo spunto dalle lettere che compongono il romanzo, ho compiuto un'analisi di taglio storico, estetico e naturalmente sociale dei luoghi menzionati . Come primo passo ho posizionare i vari siti su una cartina. Quindi ho ricostruito i tratti di una città che in più di due secoli è cresciuta e ha subìto numerosi cambiamenti8, come se avessi dovuto ricomporre la fisionomia giovanile di una persona anziana. La comparazione dell’apparato critico incluso in tre edizioni contemporanee del romanzo (Oxford, Penguin e Broadview Press) mi ha permesso di avvicinarmi ad una realtà sociale ed urbanistica estremamente diversa da quella moderna. In questo percorso mi sono state molto utili le note al testo, dalle quali ho ricavato delle informazioni accurate e concise per avere una prima idea dei luoghi che avrei poi analizzato nel dettaglio. Il fatto che queste siano state compilate da curatori diversi mi ha aiutata ad avere una visione generale dei luoghi (alcune indicazioni basilari erano riportate da tutti e tre i critici) e, allo stesso tempo, a conoscerne i particolari poiché ognuno poneva l’accento su una caratteristica piuttosto che su un’altra. Per esempio i Vauxhall Gardens, pleasure gardens aperti nel 1661, possono essere visti da diverse prospettive: allo sguardo sociale (dopo il 1732 diventarono molto fashionable come luogo di ritrovo non solo della gente comune, ma anche di molti nobili)9 si può affiancare quello architettonico (erano particolarmente famosi per le false rovine, le cascate artificiali e la Rotunda) 10.

In seguito ho letto libri riguardanti la storia sociale della Londra georgiana (Peter Ackroyd, London, the Biography e Roy Porter, London, a Social History11), l’evoluzione dei suoi divertimenti (Richard D. Altick, The Shows of London12) e l’analisi contestualizzata del romanzo (Francesca Saggini, La messinscena dell’identità, Teatro e teatralità nel romanzo inglese del settecento13). Per saperne di più sulla vita quotidiana dell’epoca mi sono affidata infine al testo di Liza Picard, Dr. Johnson’s London. Everyday Life in London 1740-177014, che affronta argomenti più specifici, ma anche di colore, quali  ad esempio “women’s hairstyle”15.

A questo punto, dopo aver acquisito una conoscenza generale sulla città e sulla cultura dei londinesi del XVIII secolo, mi sono concentrata sugli edifici cercando più dati possibili. Internet è stato uno strumento indispensabile, sia per la varietà che per la precisione e l’attendibilità delle notizie, quest’ultima garantita dai riferimenti alle opere utilizzate per la creazione dei siti. La ricerca è stata lunga a causa dell’alto numero dei luoghi che ho deciso di analizzare e della quantità impressionante di materiale esistente su di essi. Un problema mi è stato creato dalla collocazione temporale precisa di Evelina (è stato stampato nel 1778 e descrive ambienti frequentati dalla Burney negli anni immediatamente precedenti alla pubblicazione del libro16), poiché sono stata costretta a prendere in considerazione soltanto le indicazioni che rimandavano alla fine del diciottesimo secolo. Attenersi a informazioni riguardanti date molto anteriori o posteriori avrebbe infatti creato incongruenze con il testo e anacronismi socio-culturali. Un’altra difficoltà è stata data dal fatto che, nel corso dei decenni alcuni spazi urbani sono stati modificati o hanno perso importanza; alcuni hanno addirittura cessato la propria attività.

Una volta catalogato tutto il materiale dividendolo in base agli edifici, è iniziato il lavoro vero e proprio. Per ciascun luogo visitato e descritto è stata creata una scheda che ne indica tutte le caratteristiche: ne ricostruisce la storia fino alla fine del XVIII secolo, le peculiarità strutturali e il tipo di persone che lo frequentava, facendo sì che il lettore possa immergersi completamente nell’atmosfera della Londra georgiana e, grazie a questo, capire quanto l’ambiente influisca sulla crescita di Evelina. Ho costruito un ipertesto che permette, partendo direttamente dal testo del romanzo, di andare alla descrizione di teatri, opera, pleasure gardens e altri luoghi frequentati dalla protagonista, inserendo anche immagini tratte da quadri e litografie dell’epoca. Si tratta di un viaggio immaginario che si snoda nella Londra che Evelina visita durante il suo viaggio, anzi, i suoi due viaggi. Nonostante alcuni luoghi siano stati oggetto di numerose visite, ho incluso una sola scheda poiché ho dato importanza all’edificio di per sé, indipendentemente dal numero di citazioni che lo riguardano. Fare una fiche per ogni riferimento avrebbe significato costruire un ipertesto ridondante ed estremamente dispersivo, a causa delle informazioni che avrei dovuto riproporre parlando sempre dello stesso argomento.

Una volta catalogato tutto il materiale dividendolo in base agli edifici, è iniziato il lavoro vero e proprio. Per ciascun luogo visitato e descritto è stata creata una scheda che ne indica tutte le caratteristiche: ne ricostruisce la storia fino alla fine del XVIII secolo, le peculiarità strutturali e il tipo di persone che lo frequentava, facendo sì che il lettore possa immergersi completamente nell’atmosfera della Londra georgiana e, grazie a questo, capire quanto l’ambiente influisca sulla crescita di Evelina. Ho costruito un ipertesto che permette, partendo direttamente dal testo del romanzo, di andare alla descrizione di teatri, opera, pleasure gardens e altri luoghi frequentati dalla protagonista, inserendo anche immagini tratte da quadri e litografie dell’epoca. Si tratta di un viaggio immaginario che si snoda nella Londra che Evelina visita durante il suo viaggio, anzi, i suoi due viaggi. Nonostante alcuni luoghi siano stati oggetto di numerose visite, ho incluso una sola scheda poiché ho dato importanza all’edificio di per sé, indipendentemente dal numero di citazioni che lo riguardano. Fare una fiche per ogni riferimento avrebbe significato costruire un ipertesto ridondante ed estremamente dispersivo, a causa delle informazioni che avrei dovuto riproporre parlando sempre dello stesso argomento.

 

 

1 Peter Ackroyd, London, the Biography, London, Chatto & Windus, 2000, p. 155.

2 Vivien Jones, "Introduzione" a Frances Burney, Evelina, Oxford, Oxford University Press, 2000, p. ix.

3 Frances Burney, Evelina, Toronto, Broadview Press, 2000, p. 126 (nel resto della tesi indicata come Evelina, 2000a).                  

4 Francesca Saggini, La messinscena dell'identità. Teatro e teatralità nel romanzo inglese del Settecento, Viterbo, Sette Città, 2003, p. 76.

5 Liza Picard, Dr Johnson's London. Everyday Life in London, 1740-1770, London, Phoenix, 2003, p. 37.

6 Frances Burney, Evelina, Oxford, Oxford University Press, 2000, volume II, lettera XV (nel resto della tesi indicata come Evelina, 2000b)

7 Saggini, La messinscena dell'identità, p. 72.

8 Peter Ackroyd, London, the Biography, passim e Roy Porter, London, a social History, London, Penguin Books, 2000, passim.

9 Frances Burney, Evelina, London, Penguin Books, 2004, nota 62, p. 479 (nel resto della tesi indicata come Evelina, 2004).

10 Burney, Evelina, 2000b, p. 439.

11 Ackroyd, London, the Biography, pp.147-658 e Porter, London, a social History, pp.117-218.

12 Richard D. Altick, The Shows of London, Cambridge (Massachusetts) and London, The Belknap Press of Harvard University Press,  2000, p. 94.

13 Saggini, La messinscena dell'identità, pp. 59-108.

14 Picard, Dr Johnson's London. Everyday Life in London 1740-1770, passim.

15 Picard, Dr Johnson's London. Everyday Life in London 1740-1770, p. 224.

16 Margaret Anne Doody, "Introduzione" a Frances Burney, Evelina, London, Penguin Books, 2004, pp. xviii-xix.