Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2067/231
Title: Filogeografia comparata di alcuni anfibi italiani: implicazioni per la conservazione
Other Titles: Comparative phylogeography of italian amphibians: implications for conservation
Authors: Canestrelli, Daniele
Keywords: Filogeografia;Genetica della conservazione;Anfibi;Diversità genetica;Rifugi glaciali;Phylogeography;Conservation genetics;Amphibians;Genetic diversity;Glacial refugia;BIO/07
Issue Date: 25-Oct-2007
Publisher: Università degli studi della Tuscia - Viterbo
Series/Report no.: Tesi di dottorato di ricerca. 18. ciclo
Abstract: 
Tra gli eventi che maggiormente hanno contribuito a strutturare le attuali comunità biotiche nell’area del Paleartico occidentale, vanno certamente annoverate le oscillazioni climatiche pleistoceniche. Esse infatti hanno influenzato non solo i pattern di distribuzione geografica delle specie, ma anche la storia demografica e la struttura genetica delle popolazioni. Gli areali di molte specie erano frammentati durante i massimi glaciali, con isolati geografici nelle aree di rifugio, e principalmente nelle penisole italiana, iberica e balcanica. Con la transizione alle fase interglaciale molti di questi organismi sono andati incontro ad una espansione verso nord dell’areale. Una delle principali implicazioni di questo scenario generale è il pattern definito di “ricchezza meridionale, purezza settentrionale”, ossia la maggior diversità genetica osservata nelle popolazioni delle penisole Mediterranee (cioè nelle aree che furono di rifugio) rispetto a quelle delle aree settentrionali. La ricchezza meridionale è stata poi principalmente spiegata con la prolungata stabilità demografica che avrebbe caratterizzato le popolazioni delle aree di rifugio. Più di recente, sulla base di dati raccolti in casi di studio dalla penisola iberica, è stata proposta un’ipotesi in parte alternativa che indica come fattore causale dei pattern di diversità genetica osservati l’esistenza di una elevata strutturazione geografica delle popolazioni, dovuta a differenziamenti allopatrici avvenuti all’interno della penisola iberica stessa, eventualmente seguiti da fenomeni di contatto secondario.
Primo obiettivo di questo studio è stato quello di accertare se i pattern di diversità genetica all’interno del rifugio italiano siano riconducibili ad un modello di prolungata stabilità delle popolazioni oppure, come suggerito per il rifugio iberico, a processi microevolutivi quali differenziamenti in allopatria e contatti secondari. A tal fine, si è focalizzata l’attenzione sulla fauna anfibia, ed è stata studiata la distribuzione geografica della diversità genetica in tre specie endemiche italiane: Salamandrina terdigitata, Hyla intermedia e Bombina pachypus. Inoltre, considerando che gli anfibi sono attualmente la classe di vertebrati che suscita maggiore preoccupazione dal punto di vista conservazionistico, e che numerose sono le informazioni di rilevanza conservazionistica che possono essere desunte dai dati circa la struttura e la variabilità genetica delle popolazioni, particolare attenzione è stata posta alle implicazioni dei risultati ottenuti per la conservazione delle specie studiate e della batracofauna italiana in generale.
Tra le popolazioni studiate di salamandrina dagli occhiali, sia i marcatori nucleari (allozimici) che mitocondriali concordemente hanno indicato l’esistenza di due gruppi distinti di popolazioni, il primo distribuito dall’Appennino tosco-emiliano al Lazio meridionale, l’altro dalla Campania centrale alla Calabria. La struttura genetica osservata, la profondità della divergenza tra i due gruppi (comprendente anche nove loci allozimici diagnostici) e la comparazione dei livelli di divergenza osservati con quelli riscontrati in letteratura tra specie affini di urodeli, suggeriscono fortemente che i due gruppi di popolazioni debbano essere ascritti a due distinte specie. Quindi, i nomi Salamandrina perspicillata (Savi, 1821) e S. terdigitata (Lacépède, 1788) sono stati proposti per le specie settentrionale e meridionale rispettivamente. La presenza di un fossile miocenico di Salamandrina in Sardegna suggerisce che l’antenato comune alle due specie possa essere stato un elemento Sardo-Corso. Di conseguenza, l’attuale distribuzione e l’entità della divergenza genetica tra le due specie sarebbero il risultato di un evento di vicarianza, realizzatosi mediante la separazione dell’arco Calabro-Peloritano dalla Sardegna (7.8-8.6 Ma), seguito da un evento di dispersione dal massiccio Sardo-Corso verso il continente durante il tardo Messiniano (circa 5-6 Ma), o attraverso uno dei ponti Plio-Pleistocenici formatisi tra placca Sardo-Corsa e arcipelago Toscano. Successivamente, la piana del fiume Volturno (Italia centrale) potrebbe aver agito come barriera alla dispersione lungo l’asse nord-sud della penisola durante gran parte del Quaternario, ed in particolare durante gli interglaciali quando quest’area si trovava al di sotto del livello del mare.
La variazione genetica in popolazioni di raganella italiana è stata studiata attraverso l’analisi di marcatori sia nucleari (allozimici) sia mitocondriali. Entrambi i marcatori individuano l’esistenza di due gruppi di popolazioni, localizzati a nord e a sud dell’Appennino tosco-emiliano. Tuttavia, il pattern di differenziamento tra questi due gruppi è risultato molto meno pronunciato a livello nucleare che mitocondriale, portando a stime del flusso genico nucleare medio tra di essi pari a 25 volte quello mitocondriale. Inoltre, la divergenza mitocondriale tra i due gruppi è risultata particolarmente marcata per due linee cospecifiche di anfibi anuri, mentre la divergenza allozimica è risultata comparativamente modesta. Lo scenario maggiormente plausibile per spiegare il pattern di differenziamento e le discrepanze osservate tra marcatori, appare implicare diversi eventi storici: a) la ritenzione di polimorfismi ancestrali all’interno del gruppo settentrionale, favorita anche da una ampia taglia storica della popolazione in queste aree; b) l’origine del gruppo meridionale per colonizzazione da parte di quello settentrionale in epoca precedente al tardo Villafranchiano; c) l’isolamento geografico tra i due gruppi durante successive fasi pleniglaciali; d) un contatto secondario tra di essi, con flusso genico prevalentemente a carico dei maschi.
Tra le popolazioni di ululone appenninico, quelle della Calabria centrale hanno mostrato i livelli più elevati di variabilità genetica, mentre quelle localizzate a nord di questa regione sono risultate quasi del tutto prive di variabilità. Inoltre, il pattern complessivo di variazione genetica è apparso caratterizzato da una forte componente geografica, con due aree, le piane calabresi di Crati-Sibari e Catanzaro, che avrebbero svolto un ruolo storico rilevante nel separare tre gruppi di popolazioni. Questi risultati non sono compatibili con una interpretazione di prolungata stabilità demografica delle popolazioni meridionali. Anzi, essi suggeriscono che la maggior variabilità di queste popolazioni sia da attribuirsi almeno in parte da differenziamento allopatrico all’interno dell’areale di rifugio, seguito da contatto secondario. Da un punto di vista conservazionistico questi risultati indicano la Calabria come la principale riserva di diversità genetica in questa specie, suggerendo per quest’area la massima priorità di conservazione. Inoltre, sebbene la ridotta variabilità delle popolazioni settentrionali sia apparsa di chiara origine storica, l’attuale riduzione di flusso genico suggerita dalla “Nested Clade Analysis” e il rinvenimento di tre distinti aplotipi fissati in tre popolazioni dello stesso bacino di drenaggio (fiume Volturno), suggeriscono che anche l’azione antropica possa aver contribuito in modo rilevante.
Complessivamente lo studio della variazione genetica nella salamandrina dagli occhiali, la raganella italiana e l’ululone appenninico, hanno indicato che l’esistenza di processi microevolutivi, piuttosto che la prolungata stabilità demografica delle popolazioni, sia meglio in grado di spiegare i pattern di diversità all’interno del rifugio italiano. Le specie studiate sono tra loro assai diverse sotto molti aspetti della loro storia naturale, sicché la completa discordanza filogeografica riscontra tra essi non risulta sorprendente. Invece, il fatto che la componente storica della variazione sia risultata quella di maggior rilievo in specie tanto diverse, suggerisce che questo potrebbe essere un pattern generale, piuttosto che essere legato ad una specie in particolare o ad un ambiente, e sprona ad estendere in futuro il presente studio anche ad altri taxa.
Dal punto di vista conservazionistico, l’esistenza e la localizzazione geografica delle discontinuità filogeografiche individuate nel presente studio, suggerisce la più approriata scala geografica per futuri interventi di conservazione delle specie studiate. Tuttavia, questi risultati andranno tenuti in considerazione durante le fasi di pianificazione di interventi di gestione anche di quelle specie dell’Italia peninsulare per le quali mancano ad oggi studi dettagliati sulla struttura genetica delle popolazioni. Infine, la comparazione dei nostri risultati con quelli ottenuti con altre specie, indica chiaramente la Calabria come una importante riserva di diversità genetica, e pertanto come area meritevole dei massimi sforzi di conservazione.

Climatic oscillations during the Pleistocene have greatly affected the pattern of distribution of many species in the Western Palaearctic region, as well as their demographic history and patterns of population genetic differentiation. The ranges of many organisms were fragmented during glacial maxima, with geographic isolates persisting in glacial refugia, particularly in the southern Mediterranean peninsulas of Italy, Iberia, and the Balkans. Following environmental amelioration during interglacials, several taxa underwent a northward range expansion. One of the major implications of this general scenario is the pattern of “southern richness, northern purity”, that is, the higher population genetic diversity found in the Mediterranean peninsulas (i.e. in the former glacial refugia) compared with populations located in the further north. The southern richness has been mainly explained with the supposed prolonged demographic stability that characterized populations from these areas. More recently, basing on case studies from Iberian peninsula, an alternative hypothesis has been proposed, suggesting the existence of a high geographic structuring of populations due to allopatric differentiation as a possible main causal factor explaining the patterns of genetic diversity within this peninsula.
The primary aim of this study was to assess whether the patterns of genetic diversity within the Italian refugium can be better explained by a model of prolonged demographic stability of populations or, as proposed for the Iberian refugium, by microevolutionary processes such as allopatric differentiation and secondary contacts. With this aim, we focused on the amphibian fauna, and analysed the geographic distribution of genetic diversity in three Italian endemic species: Salamandrina terdigitata, Hyla intermedia and Bombina pachypus. Furthermore, since amphibians are the vertebrate group of the major conservation concern, and genetic data are among the most relevant for the assessment of both the species’ conservation status and management priorities, we also evaluated and discussed the implications of our results for the conservation of the study species and of the Italian batrachofauna as a whole.
Among populations of Salamandrina terdigitata, both nuclear (allozymes) and mitochondrial markers fully agreed in identifying two well-differentiated groups, one ranging from Tusco-Emilian Apennine to southern Latium, the other comprising populations from central Campania to Calabria. The observed genetic structure, the depth of the genetic divergence between the two groups (also comprising nine diagnostic allozyme loci) and the comparison between the levels of divergence recorded with respect to those reported for other salamanders, strongly suggest that two distinct species were so far included within Salamandrina terdigitata. Therefore, the names Salamandrina perspicillata (Savi, 1821) and S. terdigitata (Lacépède, 1788) were proposed for the species from central and southern Italy respectively. The presence of a Salamandrina Miocenic fossil record from Sardinia suggests that the common ancestor of S. terdigitata and S. perspicillata could have been a Corsica-Sardinian element. The distribution and depth of the genetic divergence between the two species could be the result of a vicariance event, through the separation of the Calabro-Peloritan massif from Sardinia (7.8-8.6 Myr ago), followed by a subsequent dispersal from Corsica-Sardinia plate toward the continent during late Messinian (about 5-6 Myr ago), or through one of the Plio-Pleistocenic land-bridges between the Corsica﷓Sardinia plate and the Tuscan Archipelago. Subsequently, the Volturno river’s plain (central Italy) could have acted as barrier to dispersal along the north-south axis of the Italian peninsula during much of the Quaternary, particularly at the interglacials when this area was marine-flooded.
Genetic variation among populations of the Italian treefrog was investigated using both nuclear (allozymes) and mitochondrial markers. Two main population groups were evidenced by both kind of markers, located north and south of the northern Apennines. However, the pattern of differentiation between these two groups was much less pronounced at allozymes than at mtDNA, leading to gene flow estimates that were 25 times higher at nuclear than at mitochondrial level. Also, the mtDNA divergence between the two groups was particularly marked for two cospecific lineages of anuran amphibians, while their average genetic distance at allozymes was comparatively low. The most plausible scenario accounting for the observed pattern of differentiation and the discrepancy among markers appear to imply several historical events: a) the retention of ancestral polymorphisms within the northern group, favoured by a large historical population size; b) the origin of the southern group through colonization from northern areas before the late Villafranchian; c) the isolation between the two population groups during subsequent pleniglacials, with the northern Apennine acting as a barrier to dispersal; d) a secondary contact between them, through a male-biased gene flow.
Among the studied populations of Bombina pachypus, those from central Calabria (southern Italy) showed the highest levels of intrapopulation genetic variation, whereas those located north of this region were nearly lacking in variation. Furthermore, the overall pattern of genetic variation has a strong geographical component, suggesting two Calabrian plains, Catanzaro and Crati-Sibari, as historical barriers to dispersal separating three population groups. These findings cannot be explained by the prolonged stability of southern populations alone and suggest that the southern richness has been at least in part shaped by allopatric differentiation within the refugial range, followed by intermixing of previously differentiated lineages. From a conservation standpoint, Calabria is the major genetic diversity reservoir for this species, thus deserving particular conservation efforts. Furthermore, although the low intrapopulation genetic variation outside Calabria appears to be of clear historical origin, a current reduction of gene flow indicated by the nested clade analysis and the finding of three private haplotypes each fixed in a single sample from the same river drainage basin, both suggest that anthropogenic factors have also contributed.
On the whole, the study of genetic variation in the spectacled salamander, the Italian treefrog and the Apennine yellow-bellied toad indicated that microevolutionary processes, rather than prolonged demographic stability, can better explain the observed patterns of diversity along the Italian refugium. The study species are well differentiated each other under several aspects of their natural history, thus it is not surprising that an almost complete phylogeographic discordance was found among them. On the contrary, the finding that the historical component of genetic variation is the most relevant even in such a diverse species, suggests that this could be a general pattern, rather than be linked to single species or environments, and urges to extend the present study at other taxa in the future.
Under a conservation standpoint, the existence and the geographic location of the phylogeographic breaks identified by the present study indicate the most appropriate geographic scale for future conservation actions of the studied species. Furthermore, these results will have to be taken into account also when planning conservation strategies for those species from peninsular Italy still lacking of a detailed study of the population genetic structure. Finally, the comparison of our results with those from other species clearly indicates Calabria as an important reservoir of genetic diversity, thus suggesting this area as worthy of the strongest conservation efforts.
Description: 
Dottorato di ricerca in Ecologia e gestione delle risorse biologiche
URI: http://hdl.handle.net/2067/231
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